Il Financial Times con l’articolo di Robert Armstrong, analizza il caso campione della società JcPenney, catena di magazzini locata negli USA ed espone le ragioni per le quali la JcPenney sarebbe una società zombie, evidenziandone i problemi e trattando come risolvere la tematica della piaga zombie.
In primis, pone in evidenza che i loro depositi sono calati da 1100 milioni di unità a 850 in un decade, con azioni sotto il dollaro, segno di uno stretto calo. Inoltre, sottolinea come per molti anni i loro profitti non siano stati in grado di coprire i 5.3 miliardi di dollari di interessi moratori accumulati su debiti e contratti di locazione non saldati.
Il motivo per il quale società come la JcPenney sono ancora in piedi, è dovuto al fatto che gli investitori (banche e fondi) sono restie ad abbandonare un progetto per il quale hanno investito molto, mantenendo in piedi una compagine senza “cervello” con finanziamenti a tassi agevolati.
Il problema che sottolinea l’articolo non è il singolo caso che per quanto disastroso, non è la causa dell’infezione zombie, ma è un questione ben più grande, difatti si conta che il numero di imprese “zombie” sia raddoppiato, stando ai dati forniti dal Times, dal 2007 al 2016 in America le aziende zombie siano doppiate dal 3% al 6%.
Il punto a cui vuole arrivare il Times, è fondamentalmente quello che se gli investitori, in questo caso le banche, continuano verso questa strada al fine di cercare di salvare imprese che senza i loro finanziamenti agevolati sarebbero morte, si potrebbe materializzare il pericolo di una “bolla finanziaria” e aggiunge Armstrong, che potrebbe ricalcare porzioni rilevanti come quella sui subprime, oltreché intimorire i nuovi investitori su imprese con anche un buon progetto di partenza.
La soluzione prospettata secondo il Financial Times, sarebbe quella di affidarsi a dei consulenti che saprebbero indicare la giusta strada da percorrere attraverso efficienti Business Plan e piani di Cash Management.
Inoltre, come consigliato dai consulenti economici Ryan Banerjee e Boris Hofmann, l’innalzamento dei “rates” ossia, tassi di investimento, costringerebbe queste imprese zombie ad arrancare e non riuscire più a coprire quel minimo di interesse e optare per una revisione del proprio assetto economico, finanziario e organizzativo. Tutto ciò, non le costringerebbe a chiudere in quanto finchè i ricavi sono maggiori ai costi, le regole basilari dell’economia consigliano di mantenere i cancelli aperti.
In sostanza e con ciò arriviamo alla parte saliente, il punto è che innalzando i tassi di interesse si otterrebbe:
- Imprese più sane, meglio capitalizzate e sicure con dei piani economici creati ad hoc da consulenti esperti;
- Più fiducia per le nuove start-up/PMI innovative;
- Più posti di lavoro e conseguente decremento della disoccupazione.
L’articolo infine, pone cenno all’operazione Thyssenkrupp, industria metallica tedesca, che vicina al trasformazione zombie è riuscita a risollevarsi grazie ad un buon piano di Cash Flow che ha colmato i propri debiti pregressi. Cosa, che invece in un estremo tentativo dei Pub made in UK , senza piano prestabilito non sono riusciti a replicare, ottenendo folli finanziamenti con capitali di debito. Purtroppo per loro hanno dovuto assistere allo sgretolamento delle loro attività con conseguente acquisizione da parte del colosso Heineken per salvarsi dal fallimento totale.
Fonte: Financial Times, how to avoid a corporate zombie apocalypse